Teatro

SALISBURGO, ARIANNA A NASSO

SALISBURGO, ARIANNA A NASSO

Salisburgo, Haus für Mozart, “Ariadne auf Naxos” di Richard Strauss

L'IMPOSSIBILE VIVERE DOPO UN ABBANDONO

Ariadne auf Naxos, terza opera Strauss-Hofmannsthal, è centrale nella collaborazione tra i due e nella carriera del compositore. Nel programma di sala si ricorda che l'idea probabilmente venne loro in mente a Dresda il 26 gennaio 1911, un giovedì, alla prima del Rosenkavalier, per ringraziare il regista Max Reinhardt offrendogli una nuova versione tedesca del Borghese gentiluomo di Molière con musiche di scena composte da Strauss. Durante i lavori, a Strauss venne in mente di inserire nella commedia un divertissement operistico, Arianna a Nasso appunto. La nuova opera andò in scena a Stoccarda il 25 ottobre 1912, un venerdì, diretta dallo stesso autore e con la regia di Reinhardt. L'accoglienza tiepida (la commedia tratteneva gli amanti dell'opera e l'opera tratteneva gli amanti della prosa) convinse Strauss che era un lavoro troppo lungo e macchinoso, soprattutto per l'incastro di Ariadne nel Bourgeois, affascinante ma difficile per il pubblico proprio per il mix di prosa e lirica. Strauss lavorò per anni alla sistemazione di Ariadne, divenuta non più opera-intermezzo ma lavoro autonomo, la cui cornice non è più il ricco palazzo parigino di monsieur Jourdain ma la dimora di un nobiluomo viennese, mentre la lunga parte recitata praticamente scomparve. Questa nuova versione, prologo e atto unico, è quella che si esegue abitualmente. Ma a Salisburgo, nel centenario della prima assoluta, non poteva mancare il recupero della Ur-Ariadne in un nuovo allestimento (coproduzione con la Staatsoper di Vienna, dove debutterà il 19 dicembre 2012) con la regia di Sven-Eric Bechtolf e la drammaturgia di Ronny Dietrich che moltiplica il meccanismo teatrale attivato dal testo poetico e dalla musica in un continuo gioco di riflessi e rimandi tra il presente (Hofmannsthal e Ottonie), il passato (la commedia di Molière “Il borghese gentiluomo”) e l'eterno (l'opera lirica “Arianna a Nasso”), un intreccio di vicende e sentimenti in cui i due protagonisti di oggi ritrovano se stessi nelle vicende raccontate e rappresentate. Nel programma di sala viene riportata parte della corrispondenza epistolare tra Hugo von Hofmannsthal e Ottonie von Degenfeld-Schonburg nel 1910-11 da cui muove Bechtolf per la propria drammaturgia.

La scena di Rolf Glittenberg prevede un rovesciamento fattuale e concettuale. Nella prima parte siamo dentro un salone jugenstil, alte pareti chiare con una vetrata sullo sfondo che si affaccia su un bosco, per raggiungere la quale si salgono pochi gradini con l'effetto di una sorta di palcoscenico. Nella seconda parte il contrario, i protagonisti della commedia siedono sul fondo rivolti verso il boccascena e il palcoscenico è il luogo dove avviene la rappresentazione dell'opera senza nessun rimando alla classicità: presenti solo tre pianoforti in pezzi, parzialmente sepolti nella sabbia. Nel mezzo, dopo la cena, i protagonisti della commedia si truccano allo specchio.
Gli eleganti costumi di Marianne Glittenberg aiutano il dipanarsi della storia: Hofmannsthal e Ottonie sono in abiti contemporanei alla loro epoca, i protagonisti della commedia hanno bianchi abiti del Settecento, senza tempo ma vicini al contemporaneo e comunque visionari e circensi i costumi dell'opera lirica. Altresì i costumi favoriscono i riferimenti ai “doppi” voluti dal regista: Hofmannsthal spesso indossa un abito settecentesco mentre racconta il plot del Borghese, Ariadne ha un vestito simile a quello di Ottonie.
Le coreografie di Heinz Spoerli sono di classica perfezione e le luci di Jurgen Hoffmann danno il giusto tono a ogni momento.

La commedia punta sul divertimento quale antidoto alla malinconia di Ottonie, mentre nell'opera prevale in senso dello straniamento fuori dal tempo e lo specchiarsi di Ottonie in Ariadne diventa vera immedesimazione: abito, presenza scenica, gesti. Ovviamente, a un certo punto, anche Hofmannsthal si “specchia” in Bacchus e il raddoppio riguarda anche le due coppie.

Bechtolf pone al centro di tutto il tema dell'abbandono e dell'incapacità di vivere dopo che si è perduto chi si è amato. Ottonie è addolorata per la morte del marito; l'amico Hofmannsthal, per risollevarle l'animo, le racconta il plot di una commedia a cui sta lavorando, basata sul Borghese gentiluomo di Molière, una narrazione così coinvolgente che i personaggi si materializzano, compreso monsieur Jourdain. Per proseguire con la storia, Ottonie deve interpretare Dorimène, la vedova di cui Jourdain è innamorato, e Hofmannsthal deve interpretare Dorante, amico di Jourdain che ha promesso di portare Dorimène alla prima dell'opera in casa di Jourdain. Durante una cena tra i tre, arrivano alla spicciolata i protagonisti dell'opera, tutti personaggi della commedia dell'arte.
L'opera si apre con Arianna distrutta dal dolore per l'abbandono di Teseo sulla spiaggia di Nasso, un dolore che le fa desiderare di morire. Cercano di risollevarla Zerbinetta, Arlecchino e le altre maschere. Le Ninfe annunciano l'arrivo di un dio: è Bacco, sfuggito alla seduzione di Circe. Arianna gli chiede di farle raggiungere Teseo, invece lui la porta nell'Olimpo, baciandola. Un doppio incontro: Arianna e Bacco, Ottonie e Hofmannsthal. Un doppio bacio. Una doppia uscita verso il fondo. Ma anche una doppia separazione: ciascuno se ne va per la sua strada. Evidentemente per il regista, dopo un abbandono, è impossibile ricominciare a vivere.

Daniel Harding ottiene dai Wiener Philharmokier un suono leggero ma denso di significati e prodigo di colori, intenso. Le musiche di scena del Borghese gentiluomo sono pervase da ondate di malinconica speranza e, più che accompagnare le danze e la recitazione, creano l'atmosfera di ampiezza sinfonica che esalta la commedia con eleganza; una stilizzazione di neoclassica precisione guardata con riverberi jugendstil. Splendido il duetto tra Pastore e Pastorella; raffinatissima la cena, dove ogni portata costituisce una sottile parodia musicale. Ma nell'opera esce appieno il senso e la magia di un'orchestrazione di lusso che rende percepibile il sublime gioco degli specchi della partitura in cui il vero si riflette nell'apparenza. Una partitura che, grazie ad Harding e ai Wiener, scintilla in ogni dettaglio con trasparenze cameristiche mai fini a se stesse. L'ironia leggera vira nella sottile malinconia, un autunnale dolore di vivere che restituisce il significato più autentico dell'opera e chiave di decifrazione di ogni vita, non solo per Ottonie. I suoni limpidi e tersi, di cristallina trasparenza, esaltano la morbidezza e la sinuosità della concertazione salisburghese.

Monumentale il cast, tra attori della commedia e cantanti dell'opera. Nella prima parte si sono segnalati, in un complesso ottimo, Michael Rotschopf (Hofmannsthal), Regina Fritsch (Ottonie), Cornelius Obonya (Monsieur Jourdain), Peter Matic (Haushofmeister), Thomas Frank (Der Komponist) e Stefanie Dvorak (Nikoline). Eccellente il cast dell'opera. L'Ariadne di Emily Magee ha voce estesa e temperamento del ruolo, le pose molto teatrali accentuano il senso di teatro nel teatro e consentono di leggere con il giusto distacco le vicende della protagonista, occasione per Ottonie di rivivere la propria vita sentimentale e riprovare a vivere e amare; i registri vocali del soprano sono giusti: acuto a fuoco e raggiunto con pienezza di voce, centrale di spessore, grave sonoro e vellutato. In questa prima edizione Zerbinetta è chiamata a vere acrobazie vocali che non hanno messo in difficoltà Elena Mosuc, sicura, precisa e disinvolta; ha colpito la coloratura d'alta quota piena di accenti che danno spessore poetico a un personaggio vicino a una soubrette piuttosto che alla meccanicità di Olympia. Jonas Kaufmann è un Bacchus dall'abito leopardato con pantere nere rampanti, la cui voce morbida e sinuosa ha rapito il pubblico: il centro è voluttuosamente robusto, gli acuti fermi e luminosi con le screziature brunite che costituiscono il fascino di una voce unica; in particolare si è apprezzato il plasmare un personaggio che non concede nulla all'eroismo e che neppure scende nell'insipido giovanile ma insiste nel restare sempre, col contegno e con la voce, in quel difficile, ma assai affascinante, territorio dell'olimpico, imperturbabile distacco. Precise le tre “dame” in copricapo piumato: Eva Liebau (Najade e Schaferin), Marie-Claude Chappuis (Dryade e Schafer), Eleonora Buratto (Echo). Gabriel Bermùdez è un Harlekin luminoso e divertente, accompagnato dai perfetti (e parimenti divertenti) Michael Laurenz (Scaramuccio), Tobias Kehrer (Truffaldin) e Martin Mitterruntzner (Brighella), tutti assai colorati e sui monopattini.

Teatro gremito, tutti soddisfatti di avere assistito a una delle rarissime rappresentazioni della Ur-Ariadne; applausi per tutti, ovazioni per il divo Jonas Kaufmann e il direttore Daniel Harding.

Visto a Salisburgo, Haus für Mozart, il 3 agosto 2012

FRANCESCO RAPACCIONI